Di Valdo Spini
Intervento di Spini in occasione dell’incontro “L’enciclica Laudato sì” alla Camera dei Deputati avvenuto il 28 ottobre alle 14
Se si ha una concezione alta della politica sono due interrogativi del tutto ineludibili. E sono due interrogativi oggi del tutto inscindibili. L’ambiente in cui vive il nostro pianeta è per molti aspetti il risultato delle azioni dell’uomo. Viceversa l’uomo e la donna sviluppano la loro vita anche in rapporto alle condizioni ambientali in senso lato, alle capabilities come direbbe Amartya Sen.
Per questo, quando abbiamo letto il documento, di grande spessore, che è l’enciclica Laudato sì di Papa Francesco, in cui vediamo frasi come “Rivolgo un invito urgente a rinnovare il dialogo su come stiamo costruendo il futuro del pianeta… abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti…” (pag.37) e l’invito “a riconoscere la grandezza, l’urgenza e la bellezza della sfida che ci si presenta….”, abbiamo pensato di contribuire a questo dialogo.
E grazie ad Ettore Rosato oggi ci troviamo qui a raccogliere questo invito.
Partiamo, noi che siamo qui, da vari punti di vista, abbiamo seguito e seguiamo diversi percorsi di vita e di responsabilità, ma già questo confronto e questo dialogo è di per sé qualcosa di significativo. Per il credente il tema dell’ambiente significa salvaguardia del creato, un tema fondamentale dal punto di vista etico-religioso.
L’Enciclica ha un destinatario specifico, naturalmente i cattolici, ma non solo. Si rivolge a tutte le persone di buona volontà, credenti delle varie fedi religiose e non credenti. C’è un richiamo a tutti coloro che si riconoscono nell’Antico e nel Nuovo Testamento della Bibbia: “Per la tradizione giudeo-cristiana dire creazione è più che dire natura perché ha a che vedere con un progetto dell’amore di Dio dove ogni creatura ha un valore e un significato.”
I riferimenti a cui guardare nella storia sono tanti. Vorrei ricordare (anche sulla scia di quanto ha scritto Letizia Tomassone) la positiva tensione che c’è nel teologo protestante Giovanni Calvino tra Creazione e Redenzione, è la considerazione del Creato che può concorrere a spingere l’uomo alla Redenzione: “Dio – egli scrive – si è manifestato nella struttura mirabile del cielo e della terra e quotidianamente vi si rivela”.
Assai simile il ricordo che l’Enciclica fa delle indicazioni di San Francesco ai suoi monaci: nel convento una parte dell’orto doveva essere lasciata non coltivata in modo che vi crescessero le erbe selvatiche in modo che quanti le avrebbero ammirate potessero elevare il pensiero a Dio, autore di tanta bellezza. (pag.36)
E’ il significato dell’ecologia, cioè il coinvolgimento di tutti gli esseri viventi.
Ma nel nostro interrogarci di oggi c’è anche un diverso modo di relazionarsi, per ricercare insieme, per rimettere al primo posto i principi e i valori su cui si basa qualsiasi convivenza umana.
Ciò riguarda anche e soprattutto la politica.
Senza principi e valori non c’è buona politica. La politica ha le sue leggi: deve ricercare il potere di mettere in atto determinate idee e impostazioni. Ma se prescinde dall’etica ha il fiato corto, prima o poi si trova a combattere con limiti insormontabili.
La politica è anche cultura, non può non basarsi su una comprensione critica della realtà e delle ispirazioni e delle modalità di agire dell’essere umano, e la cultura è quindi essenzialmente dialogo.
Zygmunt Bauman ha parlato della società attuale, come di una “società liquida” nel senso che ha perduto i suoi punti fissi di aggregazione e in cui le relazioni tradizionali si scompongono e si ricompongono lasciando l’individuo disorientato e privo di riferimenti solidi.
Umberto Eco ne condivide le tesi e, declinandole per il caso italiano, denuncia lo stato di soggettivismo competitivo sfrenato in cui ci troviamo attualmente, con la mancanza dei riferimenti collettivi “solidi” di un tempo: Stato, partito, comunità, ideologie.
La conclusione di Umberto Eco è che esiste un modo per sopravvivere alla liquidità. “C’è, ed è rendersi appunto conto che si vive in una società liquida che richiede, per essere capita e forse superata, nuovi strumenti. Ma il guaio è che la politica e in gran parte l’intellighenzia non hanno ancora compreso la portata del fenomeno.” (Espresso 29/5/2015)
Per quanto ci riguarda più direttamente noi sentiamo il bisogno di questi nuovi strumenti, di un rinnovamento della cultura della politica innanzitutto, che parta proprio dal contesto planetario in cui viviamo e che il fenomeno drammatico e pure planetario delle migrazioni ci ricorda continuamente.
Lo possiamo fare proprio perché possiamo rivendicare certe radici: vorrei sottolineare qui che il temine di “sviluppo sostenibile” su cui oggi tutti, almeno formalmente, affermano di orientare la nostra azione, si è affermato nel rapporto dell’Onu del 1987, Our Common Future, steso dalla commissione guidata da Gro Harlem Brundtland, primo ministro laburista norvegese e vicepresidente dell’Internazionale Socialista.
Il tema dell’ambiente è una cartina di tornasole di quanto andiamo dicendo a proposito della politica.
I dati del problema ambientale e più particolarmente dei mutamenti climatici, sono di fronte a noi. La stragrande maggioranza del mondo degli scienziati ci ammonisce a prendere quelle misure di contenimento nelle emissioni di gas ad effetto serra e di difesa delle foreste, che possono contenere il riscaldamento del pianeta nei limiti dei due gradi centigradi. Altrimenti il nostro clima subirà dei mutamenti che metteranno in pericolo forme di vita, ambienti ecologici e metteranno in forse la sicurezza di vasti strati della popolazione del globo.
Dipende solo dall’uomo. Ma nel passato il problema è stato rimosso, qualcuno ha detto addirittura che non esisteva.
C’è un problema di volontà e di iniziativa politica a livello planetario. Pensiamo agli Obiettivi di sviluppo del Millennio, che l’Onu si era proposto con scadenza 2015 e che sono stati raggiunti solo molto parzialmente e sono stati sostituiti alla scorsa assemblea delle Nazioni Unite dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile con un’Agenda che si protrae al 2030. Anche di quelli ci siamo troppo facilmente scordati.
La questione dei mutamenti climatici comincia ad essere riconosciuta solo ora in tutta la sua gravità.
Il presidente Usa Barack Obama, ha affermato recentemente, riferendosi ai mutamenti climatici:
” Abbiamo affrontato in sei anni molte sfide, dalla recessione alla ricostruzione dell’economia, all’Iraq… ma sono convinto che niente minaccia di più il nostro futuro “. Ed ha aggiunto:” Siamo la prima generazione a sentire gli effetti del cambiamento climatico e l’ultima a potere fare qualcosa al riguardo”.
Gli Usa totalizzano con la Cina quasi la metà delle emissioni dell’effetto serra e lo stesso Obama ha preso delle posizioni congiunte, a cominciare da quella del novembre 2014, con il presidente cinese Xi Jinping. (Il loro incontro sui temi dell’ambiente, ha naturalmente anche un significato politico più generale, quello di un mutuo riconoscimento tra le due superpotenze del mondo attuale.)
La ministro francese dell’ambiente, Ségolène Royal, a sua volta ha detto alla Commissione Scientifica mondiale, preparatoria della conferenza sui mutamenti climatici che si è svolta Parigi nel settembre scorso con la partecipazione di circa duemila scienziati di tutto il mondo:La questione, ormai, non è più di sapere se bisogna agire, ma come agire
Queste prese di posizione incoraggiano a sperare nei risultati della Conferenza sui mutamenti climatici che si apre il 30 novembre a Parigi. Certo non vogliamo che rimangano mere petizioni di principio cui faranno seguito impegni generici e comportamenti dilatori come è avvenuto sinora.
E qui sta il richiamo dell’Enciclica, il suo andare aldilà del tecnicismo delle misure necessarie per migliorare la situazione, per affrontare in un’ottica più larga che viene chiamata di “ecologia integrale” il nostro rapporto col prossimo e col creato. Il tema dell’ambiente non cancella quello dei poveri che, come ricorda l’Enciclica, sono e saranno più svantaggiati degli altri nei cambiamenti ambientali, i più deboli e i più indifesi.
E qui, non ci si deve vergognare a dirlo, c’ è tutto il carattere rivoluzionario del Vangelo, non inteso nel senso storico-politico e di potere, ma nel senso di quella presa di coscienza sui grandi principi e sui grandi valori che non può mai essere acquiescenza ai mali del mondo, alle distorsioni della nostra società e quindi al deterioramento dell’ambiente, ai mutamenti climatici.
Quindi l’augurio è che da Parigi venga davvero l’atteso taglio del 40% nelle emissioni dei gas ad effetto serra, meglio se il 70% che può impedire un surriscaldamento devastante della superficie terrestre. Una politica nuova sia nel tagliare con misure concrete le emissioni attive di gas ad effetto serra, sia nell’impedire la distruzione di quelle grandi difese passive che contro l’effetto serra sono le foreste del nostro pianeta.
Se da Parigi, dalla Cop 21 che si apre il 30 Novembre prossimo, non verranno risultati concreti prevarranno sfiducia e scoraggiamento. Non solo ma scetticismo e disincanto sulla volontà di affrontare i grandi problemi degli squilibri nel mondo.
Ma non arriveremo ad un buon risultato solo con un mero negoziato politico. La conferenza di Rio delle Nazioni Unite, con la Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici è del 1992; il protocollo di Kyoto è stato redatto nel 1997 e non è successo niente. Vi arriveremo solo se si svilupperà una grande presa di coscienza nell’opinione pubblica mondiale. E’ l’Enciclica contribuisce fortemente a questa presa di coscienza. Ma anche le forze politiche e i responsabili istituzionali hanno la loro parte da svolgere in questa direzione.
E per questa presa di coscienza dobbiamo lavorare tutti insieme, incominciando da quelli che siamo qui.
Parliamo d’altro, ci rifugiamo nell’empireo rispetto a fatti come quelli recenti di Roma, dell’Anas o di San Remo che ci dicono quanto sia profonda la crisi etica del nostro paese?
Non direi. Noi oggi parliamo di responsabilità verso l’ambiente e verso l’uomo.
E vogliamo affermare la nostra volontà di vivere tutta la bellezza di un mondo non inquinato nel deterioramento dell’ambiente e di una comunità umana non minacciata dalla corruzione morale e materiale.