di Gian Mario Gillio (Intervista al presidente delle comunità ebraiche, Renzo Gattegna, su l’Unità del 27 gennaio 2016)
In un tempo segnato da rigurgiti di antisemitismo, xenofobia, intolleranza e populismi, è sufficiente esercitare la memoria una sola volta l’anno?
La Memoria della Shoah è, per gli europei e per il mondo intero, un importante monito, che aiuta a tenere vivo il ricordo di quali assurde atrocità l’uomo è riuscito a concepire, organizzare, realizzare in un modo freddo, calcolato, strutturato. Per questo dedicare una giornata al ricordo è utile per fissare una ricorrenza in cui si desta l’attenzione sul tema, nel tentativo di “esorcizzare” e favorire la crescita di anticorpi contro il razzismo, la xenofobia e il riemerge di antichi fantasmi. Da quando è stato istituito il Giorno della Memoria, con una legge dello Stato del 2000 di cui fu principale promotore Furio Colombo, non c’è dubbio che la conoscenza di quei fatti si sia ampiamente diffusa. Ma dobbiamo ricordare che il lavoro sulla Memoria, specie con i giovani, dura tutto l’anno, con tante iniziative e soprattutto con un forte e importante impegno del mondo della scuola.
Però, negli ultimi mesi, abbiamo assistito a una impennata di episodi di antisemitismo, con attentati e violenze, in particolare in Francia.
Il pregiudizio antiebraico è uno dei fantasmi più inquietanti che si aggirano nella nostra società. I gravissimi episodi avvenuti negli ultimi mesi e anni sono il segnale di un problema non risolto, specie in determinati strati della popolazione. Il terrorismo attacca il mondo ebraico perché simbolo di libertà, di pluralismo, della volontà di preservare la propria identità in una società fatta di tante diversità. E’ necessario contrastare il fenomeno con assoluta fermezza, lavorando al contempo anche sugli aspetti culturali, sull’educazione, sulla necessità di imparare a convivere tutti insieme. Che sono poi i valori della Memoria.
Quali risultati ottengono, con i giovani, iniziative come i viaggi della Memoria?
Credo risultati importantissimi. Proprio alcuni giorni fa ho accompagnato oltre cento studenti ad Auschwitz, nel viaggio organizzato dal ministero dell’Istruzione. I ragazzi, quando ascoltano i racconti dei testimoni, in quei luoghi carichi di una storia tanto dolorosa, reagiscono con una curiosità, una voglia di sapere e di approfondire che fa ben sperare. Al viaggio hanno partecipato la presidente Boldrini e il ministro Giannini: la loro presenza testimonia che in Italia le istituzioni su questi temi sono davvero presenti.
Presentando le iniziative promosse dal Governo e dall’Unione delle comunità ebraiche italiane, lei ha voluto ricordare le leggi razziali, chiamandole “razziste”. Perché quel termine?
Perché il termine “razziste” dà un giudizio di merito netto e inequivocabile su quei provvedimenti, imposti nel 1938 dal regime fascista e controfirmati dal Re, che tradirono i cittadini ebrei escludendoli dalla società. D’un tratto, l’Italia fece un balzo indietro di alcuni secoli. Quanto avvenne ha un nome preciso, “razzismo”. “Leggi razziali” è un termine neutro, quasi propositivo, scientifico. Ma in quelle leggi di scientifico non c’era nulla.
Oggi possiamo ancora ascoltare la voce diretta dei pochi testimoni rimasti. Domani chi terrà alto il vessillo della Memoria?
Tutti noi. I risultati del lavoro sulla Memoria che la società sta facendo, si vedranno nei prossimi decenni. Sicuramente le comunità ebraiche continueranno a sostenere e a partecipare a tante iniziative, un impegno che viviamo quasi con dedizione: perché la Memoria è un patrimonio di tutti noi, importante per tutta la società.
Foto: Renzo Gattegna nella Sinagoga di Cracovia, con il Ministro Giannini, mentre firma il rinnovo della convenzione MIUR-UCEI – credits redazione pagine ebraiche