Centocinquantesimo Nuova Antologia
di Valdo Spini
Presidente del Coordinamento Riviste Italiane di Cultura (Cric)
Firenze 31 gennaio 2016
Uno scrittore profondamente legato al rapporto con la cultura francese, come Leonardo Sciascia, ha scritto:
Le riviste sono finite perché è finito il colloquiare; quindi non ci si incontra più.[1]
Queste cose Sciascia le diceva nel 1992 e quindi prima dello sviluppo della rivoluzione informatica, di cui tratteremo meglio in seguito, ma comunque
Bene stasera ci si incontra ed è merito di Cosimo Ceccuti e ci si incontra tra due culture, quella francese e quella italiana, le cui profonde interazioni sono del tutto chiare ed evidenti.
Ci si incontra in particolare tra due riviste” La Nuova Antologia” di cui si celebra il centocinquantesimo anniversario, e la “Revue des Deux Mondes”. Quest’ultima, fondata nel 1829, è probabilmente la più antica rivista europea in attività di servizio. Quanto alla “Nuova Antologia” essa ha una duplice ispirazione. Da un lato la “Antologia” di Giovan Pietro Vieusseux (1821-1833), dall’altro al momento della sua fondazione nel 1865 da parte di Francesco Protonotari, la stessa “Revue des Deux Mondes”.
Un altro sintomo dei profondi rapporti tra le nostre due culture. Del resto lo stesso Vieusseux proveniva da una famiglia ginevrina, dunque francofona.
Due riviste quindi che hanno titolo per loro stessa longevità per farci incontrare e parlare di passato e di presente, di presente e di futuro.
Se il libro è in genere un prodotto culturale individuale, frutto dell’incontro tra un autore e il suo editore, le riviste sono un prodotto collettivo, spesso se non quasi sempre, frutto di volontariato culturale. Sono il frutto dell’impegno di un gruppo di persone che vuole nel contempo diffondere delle idee o farsele in un reciproco scambio di esperienze, all’interno di un sistema di valori condiviso, in un continuo processo dialettico di scambio e di aggiornamento.
Da questo punto di vista Sciascia ha ragione. La crisi delle riviste, quando c’è e se c’è affonda le sue radici in una mancanza di volontà di dialogo e di confronto. Questa può mancare ma ci si può anche battere, come facciamo noi, qui, oggi per rispristinarla.
A questo problema se ne affianca oggi un altro. Nel regno della stampa, per così dire, i prodotti letterari si disponevano su di un asse temporale molto preciso: su un immaginario asse potevamo collocare il quotidiano, a periodicità giornaliera; la rivista, che poteva avere varia periodicità; il libro che, richiedeva tempi di stampa più lunghi di quelli della rivista e che per definizione non ha periodicità, anzi può essere eterno come nel caso della Bibbia o di altri testi di carattere religioso.
Oggi questa scansione temporale è scombinata dall’informatica. Lasciando per il momento da parte quello che avviene nel campo dei quotidiani. Il libro può essere un instant book, ancora più veloce nei tempi di stampa della rivista, magari addirittura ad un instant book collettivo che si avvicina ancor più alla rivista. Possiamo trovarci di fonte a blog periodici che commentano avvenimenti e tendenze, insomma da una tipologia di interventi veramente nuovi e diversificati.
Non parliamo poi della diffusione delle riviste. “Solaria” di Alessandro Bonsanti, tanto per citare una delle grandi riviste fiorentine del periodo tra le due guerre, tirava circa 800 copie, ma influenzava l’opinione pubblica colta del tempo. Oggi con l’avvento della televisione e con la diffusione della cultura di massa, queste cifre lascerebbero del tutto scoraggiati.
Le riviste sono quindi senza speranza? E’ un interrogativo cui rispondiamo negativamente, proprio perché come abbiamo detto, dietro ogni rivista vitale c’è un gruppo caratterizzato e motivato della discussione dei temi d’interesse del gruppo stesso attraverso la rivista. Per questo nelle riviste si afferma molto anche il genere monografico, se non in toto, per buona parte delle pagine che compongono il numero.
Ma la difficoltà maggiore che dobbiamo affrontare è quella della difficile esposizione al pubblico delle riviste. Molte librerie commerciali non hanno più interesse a farlo. E senza esposizione non c’è valutazione e senza valutazione non c’è acquisto o abbonamento.
Per questo il nostro Coordinamento delle Riviste Italiane di cultura, organizza momenti di partecipazione collettiva a fiere od esposizioni, socializzandone e quindi dividendo i costi per le riviste stesse. Al Salon de la Revue di Parigi, che si svolge ogni anno in ottobre, ci sono circa novanta stand di riviste della francofonia, francesi soprattutto, ma anche svizzere, valloni del Belgio, franco-canadesi, nord-africane etc e c’è un banco collettivo italiano, quello che organizziamo noi del Cric.
Ma approfitto di questa autorevole tribuna per fare un annuncio. Ci stiamo muovendo (abbiamo ottenuto un piccolo finanziamento) perché nella prossima edizione di “Più libri più liberi”, la Fiera della piccola e media editoria che si svolge con successo al Palazzo dei Congressi all’Eur, ci sia uno spazio autonomo dedicato alle riviste di cultura, un primo Salone delle riviste di cultura italiane Si tratta di un avvenimento che si svolge dall’8 al 12 dicembre e noi speriamo di esserci con le nostre riviste-