di Gian Mario Gillio
“Da parte della chiesa cattolica vi chiedo perdono per gli atteggiamenti e i comportamenti non cristiani, persino non umani che nella storia abbiamo avuto contro di voi. In nome del Signore Gesù Cristo, perdonateci”. Questa lead (attacco giornalistico) è sintesi e cronaca di una giornata definita da molti di portata storica se si pensa che a dire queste parole è stato proprio papa Francesco, lo scorso 22 giugno a Torino, dinanzi alla comunità riformata più antica d’Italia, quella dei valdesi (poveri di Lione), movimento “ereticale” sorto in Francia più di ottocento anni fa per poi aderire alla Riforma protestante nel Cinquecento; comunità che che ha poi messo le proprie radici in Italia, nelle Alpi Cozie a Torre Pellice (To) – nella “Ginevra italiana”, scireva Edmondo De Amicis – considerata ancora oggi la capitale dei valdesi: i più antichi venditori ambulanti della Bibbia (colpoltori) del nostro paese.
L’invito al papa era partito dal moderatore Eugenio Bernardini della Tavola valdese, l’organo esecutivo dell’Unione delle chiese metodiste e valdesi, dopo un precedente e fugace incontro che gli stessi Bernardini e Francesco avevano avuto a Roma. L’adesione all’invito del pontefice è stata vissuta con gratitudine e un po’ di stupore dalla comunità valdese, mai nessun papa aveva varcato la soglia di un tempio valdese prima d’ora. Ma è arrivato un colpo di scena che nessuno dei presenti al tempio e tra i numerosi telespettatori delle dirette televisive predisposte, si sarebbe aspettato. Ci si aspettava una cortese visita ecumenica, nello spirito di questo papa, ma mai un’ammissione di colpa, inequivocabile, diretta, che ha lasciato tutti increduli, sia valdesi che cattolici.
Parole forti quelle di Francesco e vere dal punto di vista storico – perché la storia valdese è stata un susseguirsi di eccidi, persecuzioni, deportazioni subite in nome della chiesa ufficiale -, che sono giunte come autentiche alle orecchie di chi le ha ascoltate con riconoscenza.
La giornata era iniziata all’alba con le prime luci del mattino che si lasciavano alle spalle la notte più breve dell’anno, una notte fatta di pensieri per i molti organizzatori della visita papale, per i membri delle chiese valdesi del Piemonte, per i molti cristiani che ancora speravano di poter incrociare lo sguardo di Francesco qui a Torino.
Le visite e gli incontri previsti e al quale il papa avrebbe partecipato in occasione dell’ostensione della Sindone erano molti, due giornate intense, prima del rientro a Roma.
Una folla di torinesi si era accalcata davanti al tempio riformato, c’erano anche dei giovani papa boys davanti che intonavano a squarcia gola “Francesco, Francesco”, con cori coordinati da stadio, e chi era desideroso di poterlo almeno vedere una volta. L’arrivo di quel papa venuto da lontano, quasi la fine del mondo, a Torino è stato importante e vissuto con entusiasmo.
Per l’occasione era presente nel tempio di Torino anche il presidente del Coordinamento elle riviste italiane di cultura, Valdo Spini: “Se possiamo usare concetti terreni per definire lo storico incontro tra la Chiesa valdese e papa Francesco, dobbiamo dire che questo è stato un limpido e indubitabile successo – ha detto Valdo Spini, già ministro e parlamentare di lunga esperienza –. L’atmosfera che ha caratterizzato l’incontro incoraggia ad una nuova pratica dell’ecumenismo, fondata sull’arricchimento reciproco e di una nuova cultura del pluralismo che papa Francesco ha di fatto affermato venendo a visitare il tempio valdese di Torino e ribadendo che ‘unità non significa uniformità’. Ma non voglio trascurare che, quando è stato il mio turno di presentarmi al Papa, mi sono permesso di ricordare la mia qualifica di ex ministro dell’Ambiente per sottolineare il valore della sua recente Enciclica su questi temi. Anche le chiese protestanti e la nostra hanno i loro contributi in materia: un altro terreno su cui si potrà, se lo si vorrà, camminare in comunione, come è stato detto a Torino”.
Il tempio, il primo costruito dopo aver conquistato con l’editto di re Carlo Alberto nel 1848 i diritti civili e di culto in Italia si trova a San Salvario, un quartiere multietnico di Torino dove religioni e culture si incontrano e convivono. Proprio per questo, sia il moderatore Bernardini che papa Francesco hanno voluto porre un accento particolare sul tema dei rifugiati e dei migranti e sul lavoro che si può fare in comune, malgrado le differenze che ancora sussistono tra le due realtà ecclesiali.
Dopo aver ringraziato per le parole di fraternità che il papa ha ripetutamente espresso nei confronti della chiesa valdese, Bernardini ha sottolineato come nel tempio di Torino Francesco abbia varcato la storica soglia di “un muro alzatosi oltre otto secoli fa, quando il movimento valdese fu accusato di eresia e scomunicato dalla chiesa romana”. Il loro peccato – ha aggiunto Bernardini – “era quello di essere un movimento di evangelizzazione popolare svolto da laici, mediante una predicazione itinerante tratta dalla Bibbia, letta e spiegata nella lingua del popolo”.
Ovviamente il popolo valdese è stato lieto di accogliere le scuse giunte inaspettatamente dal papa, che al termine dell’incontro, ha voluto sottolineare con una nota di essere stato “molto contento e soddisfatto della calorosa accoglienza con i fratelli e le sorelle valdesi”.
Una giornata storica, si diceva prima dell’incontro. Oggi possiamo dire memorabile.